Per i propri figli si sarebbe disposti a tutto, o almeno è così che si dice, trasportati dall’amore incondizionato che si prova per loro. Ma è proprio così? E, soprattutto, è giusto essere disposti a qualunque cosa per i figli? La questione è quanto mai attuale, poiché è apparsa sui giornali la notizia secondo la quale una madre starebbe per donare il proprio utero alla figlia per permetterle di diventare madre a sua volta.
Le protagoniste sono Eva Ottoson, una donna svedese di 56 anni che vive in Gran Bretagna, e sua figlia Sara, venticinquenne che abita a Stoccolma. E proprio in Svezia sta per avvenire un intervento che chiamare pionieristico è riduttivo, poiché l’utero di Eva verrà espiantato e poi trapiantato nel corpo di Sara.
Le parole della signora Ottoson sono state concise ma chiarissime, quando le hanno chiesto se era sicura di voler donare un organo così vitale ha risposto: “Sara ne ha più bisogno di me. Io ho avuto due figli, dunque quest’utero mi ha servito bene”
Sara è nata affetta da una rara malattia, la sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser che colpisce una donna su cinquemila: i suoi organi riproduttivi non si sono mai sviluppati, per questo non potrebbe mai né concepire un figlio né sottoporsi ad un’inseminazione artificiale. L’unica sua possibilità di diventare madre è quindi essere sottoposta ad un trapianto di organo.
Da qui, perciò, è nata l’idea di sua madre Eva, presa in maniera ponderata, certo, ma soprattutto dettata dall’amore materno.
Dal punto di vista tecnico, il dottor Mats Brannstorm, che guida l’equipe che effettuerà l’intervento, spiega :”Tecnicamente è molto più difficile di un trapianto di reni, fegato o cuore. Ci sono rischi di emorragie e devi assicurarti di avere vasi sanguigni lunghi abbastanza per effettuare le connessioni”.
Oltre a ciò, il rischio del rigetto è molto alto e solo dopo un anno senza problemi si potrà procedere con l’inseminazione artificiale. Gli ovuli, prodotti dall’utero trapiantato, saranno infatti fertilizzati in vitro con lo sperma del compagno e reimpiantati nell’utero della giovane donna fino alla nascita, con parto cesareo, del neonato, dopodiché l’utero verrà rimosso dall’addome della paziente.
Si tratterà, quindi, di un’operazione complessa, che preoccupa Sara, la quale pensa soprattutto a sua madre e al grosso intervento al quale si sottoporrà.
Il problema etico secondo il quale il figlio di Sara si svilupperebbe nello stesso utero dal quale lei stessa ha cominciato la sua vita non è preso in considerazione, sia perché, appunto, l’amore di una madre va al di là di certe implicazioni, sia perché Sara, essendo biologa, considera l’utero un organo qualsiasi, senza valenza affettiva.
Quante volte, quando un figlio sta male, noi mamme diciamo: “Darei qualsiasi cosa per stare male al posto suo, donerei la vita per lui, mi priverei di una parte di me per salvarlo”. Ebbene, Eva Ottoson ha capito che poteva realmente aiutare sua figlia ed ha deciso di farlo, di mettere in atto quello che, nella maggior parte dei casi, è impossibile.
Questa volta una possibilità c’era, ed Eva l’ha colta al volo.
E voi, lettrici di The Woman, lo fareste per vostra figlia? Rinuncereste ad una parte di voi per dare la possibilità anche a lei di diventare madre?
Fateci sapere la vostra.
Vera Moretti