Se da una parte l’imprenditoria femminile è riuscita ad affrontare brillantemente la crisi, dall’altro le aziende in rosa, soprattutto se si tratta di microimprese, non se la passano sempre bene.
Quando, infatti, si tratta di avere accesso a crediti dalle banche, la penalizzazione è ancora molto forte rispetto alle imprese con a capo un uomo. I dati, infatti, resi noti dal Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna, nel corso del convegno “Crescita economica, equità e uguaglianza, il ruolo delle donne”, evidenziano un tasso d’interesse dello 0,3% se a chiedere il prestito è una donna.
Il Ministro ha così commentato questa disparità: “Questo diverso trattamento non trova la propria giustificazione nel fatto che le imprese femminili siano più rischiose delle corrispondenti aziende al maschile, tenuto conto che le imprese guidate da donne tendono anzi a fallire di meno. Le pari opportunità passano anche dall’uguale possibilità di accedere al credito e le donne, talvolta, sono costrette a fornire più garanzie rispetto agli uomini”.
E se ad essere colpite sono soprattutto le piccole imprenditrici, quelle notoriamente in difficoltà nel reperire fondi per avviare un’attività in proprio, si potrebbe sospettare che qualcuno voglia remare contro la volontà imprenditoriale femminile. Ma ricorrere al fai da te, piuttosto che a finanziamenti esterni, non può e non deve essere la soluzione a questo problema.
Il motivo, inoltre, non può certo essere ricondotto alle diverse performance tra aziende maschili e femminili, perché, a questo proposito, le donne che scelgono di fare impresa dimostrano spesso di essere attive e produttive tanto quanto i colleghi uomini.
E se il problema non sussiste, la soluzione è facile…
Vera Moretti