A distanza di quasi 12 anni dalla morte di Edoardo Agnelli sono ancora molte le ombre che affollano le circostanze del suo decesso, avvenuto il 15 novembre del 2000.
Il corpo senza vita del figlio dell’Avv. Gianni Agnelli intorno alle 10 del mattino viene ritrovato cadavere sotto un viadotto autostradale a nei pressi di Fossano.
Secondo la ricostruzione investigativa si sarebbe trattato di suicidio. Edoardo già da tempo soffriva di crisi depressive, o almeno queste sono le voci che circolano non appena si sparge la notizia del macabro ritrovamento.
Ne emerge il ritratto di un uomo fragile, sensibilissimo e solo, schiacciato dalla responsabilità di quel cognome che non gli avrebbe lasciato scampo.
La sua morte poco tempo dopo viene pertanto rubricata come suicidio. Quel volo mortale di oltre 80 metri Edoardo l’aveva compiuto da solo e per sua esclusiva volontà. Caso chiuso dunque?
Andiamo per gradi perchè di cose che in effetti non tornano in questa storia ce ne sono diverse a ben vedere. O almeno così sembra pensarla da sempre il giornalista Antonio Parisi. Già nel 2010 attraverso la ricostruzione della vicenda offerta dal programma di Gianni Minoli “La storia siamo noi” le parole di Parisi hanno suscitato un profondo scalpore nell’opinione pubblica. Ma il coraggioso giornalista ha poi ribadito quanto di sconvolgente aveva rivelato durante il programma anche in un libro dai risvolti davvero clamorosi, e non solo in merito alla misteriosa morte di Edoardo Agnelli.
Mi sto riferendo al testo “I misteri di casa Agnelli” edito da Aliberti. Nel libro Parisi porta avanti senza mezzi termini le sue tesi investigative “alternative” e mette in evidenza una serie di aspetti nella morte del giovane Agnelli che sono alquanto anomali. Il giornalista comincia con il descrivere il clima profondamente omertoso che si è trovato di fronte quanto ha cominciato la sua inchiesta.
Nessuno sembrava avere voglia di rispondere alle sue domande sulla famiglia Agnelli. Ma soprattutto su Edoardo ed il suo (presunto) suicidio. Poi il giornalista entra nel merito del caso e mette in evidenza una serie di punti indiscutibilmente interessanti.
Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi