Se la conditio sine qua non per un lavoro fosse l’appartenenza al sesso femminile? Se pensate che a essere discriminate 99 volte su 100 sono quasi sempre le quote rosa – a torto o ragione, visto il sempre crescente numero di donne imprenditrici nel nostro Paese – leggetevi questa storia.
Qualche giorno fa è apparso un annuncio di selezione pubblica per ricoprire il ruolo di addetto stampa della consigliera di Parità della Regione Puglia, Serenella Molendini, che citava testualmente: “il presente bando è rivolto solo a donne in quanto trattasi di un’azione positiva della Consigliera di Parità nei confronti delle donne della Regione Puglia, considerando il gap occupazionale tra donne e uomini in Puglia e tra donne del centro nord e sud Italia”.
L’annuncio ha avuto vita breve, ritirato dopo appena mezza giornata dalla pubblicazione. Il motivo? La pubblicazione del bando così com’è violerebbe il rispetto dei principi generali previsti negli articoli 3 e 51 della Carta costituzionale, che non consente di discriminare i cittadini a causa del loro sesso.
In breve si tratta di un caso di discriminazione al contrario. Che ha scatenato una querelle a suon di lettere fra la Consigliera e Assostampa, il settore Organizzazione del personale della Regione Puglia. Secca la risposta della Molendini,: “l’avviso pubblico per una risorsa esperta in comunicazione di genere, informazione e ufficio stampa a supporto della Consigliera di parità è un avviso rivolto alle donne perché trattasi di azione positiva, come da Direttiva europea 54/2006, e dal Dlgs. 5/2010”.
Dal canto suo Raffaele Lorusso, presidente del sindacato dei giornalisti, ha tenuto a precisare: “le azioni che lei cita non possono mai tradursi nella discriminazione di un genere. Nella fattispecie, lei intende promuovere un’azione positiva a favore del genere femminile, discriminando quello maschile. Il richiamo a quella norma è fuori luogo, almeno nel caso in esame, in quanto le misure e le azioni di cui alla citata legge si riferiscono al ‘sesso sotto rappresentato’”.
Ma non finisce qui. Sempre secondo Lorusso, la Molendini avrebbe violato un altro diritto, incorrendo in un’altra forma di discriminazione: nel bando infatti viene indicato come requisito per la candidatura l’iscrizione, da almeno un anno, all’albo dei giornalisti pubblicisti. E i professionisti? “Così vengono esclusi – sottolinea Lorusso – gli unici professionalmente abilitati, come da disposizioni di legge, a esercitare la professione”.
Alessia Casiraghi