In questi ultimi anni le guide gastronomiche, a mio avviso, hanno preso un po’ troppo il sopravvento, anche e soprattutto perché, considerando che è un prodotto commerciale, spesso si piega alle regole del commercio.
E’ giusto, comunque, non condannare a priori e fare un opportuno distinguo. Ci sono delle guide utili, fatte con criterio e giudizio, che nascono per coloro i quali si trovano a visitare delle città diverse dalla loro e hanno bisogno di qualcuno che indichi loro i posti in cui si mangia meglio, per riuscire a destreggiarsi nella giungla della ristorazione.
Ci sono poi guide realizzate da persone che criticano giusto per il gusto di criticare, che si improvvisano esperti e magari non hanno le competenze necessarie per farlo. Esiste una schiera di professioni che campa sulla schiena del cuoco e che spesso si limita a scrivere in maniera superficiale, senza scavare a fondo e senza sapere effettivamente come si lavora in quel ristorante.
E’ stata mai fatta ad esempio una guida sui ristoranti che pagano gli stipendi ai cuochi o ai camerieri? O una guida di quei ristoranti che pagano bene e puntualmente i fornitori?
Vorrei indurvi ad una considerazione: ci sono ristoranti frequentatissimi, dove la gente torna sempre volentieri, recensiti male dalle guide e ci sono ristoranti che fanno 12 coperti al giorno che sono recensiti benissimo. Preferireste andare a mangiare in un ristorante ben recensito dai critici o molto frequentato? Qual è maggiore garanzia di qualità?
Vorrei, inoltre, porre l’attenzione sul fatto che chi scrive le guide si premura ad assaggiare la cucina del ristorante da recensire una o al massimo due volte l’anno.
La serata sbagliata possiamo averla tutti, siamo tutti fatti di carne e di sentimento, siamo umani e in quanto tali possiamo sbagliare. Se il critico per caso si trovasse a passare proprio quella sera, la recensione che farebbe del ristorante ovviamente sarebbe negativa. E questo farebbe di un ristorante un cattivo ristorante?
Personalmente credo che per fare le guide sarebbe più corretto intervistare la gente all’uscita del ristorante, dopo un pranzo o una cena.
Poi, non mi permetto di giudicare quei cuochi che con lavoro, fatica e ricerca hanno ottenuto delle stelle. Spesso dietro queste stelle si nascondono dei professionisti immensi e assoluti della cucina italiana, europea e mondiale: credo che la stella sia un premio ad un progetto ben definito, fonte di ricerca e studi giornalieri, che implica anche un servizio accurato, una mise en place straordinaria, una carta dei vini fantastica e un’ambientazione confortevole.
Io personalmente sono più un cuoco da battaglia. Non faccio una cucina di ricerca, mi piace aprire il frigorifero e cominciare a creare in base a quello che trovo, e questo da quando ho iniziato a fare questo lavoro straordinario mi ha sempre premiato: dimostrazione ne è il fatto che i miei ristoranti sono sempre stati strapieni. L’unica ricerca alla base della mia cucina è la ricerca dei ricordi. Probabilmente questo per chi scrive le guide fa di me più un oste che un cuoco stellato.
Filippo La Mantia – chef del ristorante dello storico Hotel Majestic di via Veneto a Roma