Fine anno: tempo di statistiche, bilanci e resoconti. Secondo la stima stilata dal Sole24ore di questi giorni, se c’è un aspetto positivo dello stato dell’imprenditoria italiana, quello sta tutto nel buon operato delle donne capitani di industria, che hanno retto bene alla crisi rispetto alle altre realtà italiane (in lieve aumento dello 0,4%) e sono cresciute insieme a quelle con titolare straniera (+4,7% in media).
Sono infatti oltre 540mila le capitane d’impresa del centro-nord italiane- e oltre 34omila quelle straniere – che tengono saldo il timone della loro ditta individuale, anche in un periodo di congiuntura economica non certo facile.
Certo, sono 10mila (10.665) in meno rispetto a cinque anni fa, ma stanno resistendo meglio del la media. E il “fare impresa” rappresenta un’opportunità per rimettersi in gioco e per gestire con i propri tempi la vita privata e quella professionale. Un’opportunità per entrare o rientrare nel mercato del lavoro che quest’anno ancora di più del passato si dimostra, come rivelano le previsioni di assunzione formulate dalle imprese, aperto alle “pari opportunità”.
Così, scorrendo i dati Unioncamere, non stupisce che in alcune regioni ci sia addirittura un incremento di queste nuove imprese: 741 imprenditrici in più in Lombardia da gennaio a oggi, seguita dalla Toscana, dall’Emilia Romagna e dal Piemonte. Il segno meno, invece, precede là dinamica del semestre delle ditte individuali femminili soprattutto in Puglia, Sicilia, Campania e Sardegna.
C’è poí una regione, la Toscana, che rappresenta un caso eccezionale perché è l’unica che ha visto íl numero di donne imprenditrici crescere in maniera progressiva e costante negli ultimi 5 anni. La dinamicità delle ditte individuali femminili all’interno del sistema produttivo nazionale emerge nel confronto quinquennale, anche quando il bilancio è negativo: se è vero infatti che le titolari dì impresa sono nel complesso quasi 26mila in meno (25.817), ma la loro riduzione (-2,91%) è percentualmente meno consistente di quella totale (-3,63%) e meno accentuata di quella che presentano le ditte individuali gestite da uomini (-3,88%).
Anche in questo caso però c’è da segnalare la particolare vivacità della componente femminile di provenienza immigrata che permette di ribaltare la dinamica negativa complessiva.
Le donne imprenditrici di nazionalità non europea, infatti, sfiorano le 40mila unità nel nord e centro Italia, con un aumento rispettivamente del 4,7 e 4,8% nei primi sei mesi dell’anno, rispetto a dicembre 2009.
Nel quinquennio ne sono state create ben 17mila, crescendo del 50% circa rispetto a giugno 2005 e arrivando così a rappresentare il 6010 delle ditte individuali totali a conduzione femminile e un quinto delle imprese individuali registrate d’a stranieri. Anche in questo caso, la Lombardia concentra il maggior numero di imprese individuali con una donna immigrata al vertice, seguita dalla Toscana e dal Lazio.
Se quindi l’imprenditorialità è sempre più al femminile, è anche sempre più giovane. È questo infatti l’altro trend interessante osservato negli ultimi anni: l’autoimprenditorialità dà spazio a donne giovani che non lo trovano o non lo trovano più all’interno di un’impresa, come dipendenti. Pur riducendosi nell’arco del periodo considerato, resta consistente la quota di giovani donne con meno di trent’anni che guidano imprese individuali. A giugno scorso erano quasi 59mila e rappresentavano il 6,8% dell’universo delle titolari d’azienda, lo 0,7% in più di quanto registrato tra le imprese guidate da uomini.
La quota più consistente di imprenditrici si conferma essere quella della fascia d’età compre¬sa trai 3o e i 49 anni (il 49% del totale femminile, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al 2005). In lieve diminuzione le imprenditrici con 50-69 anni (passate dal 34,9% al 34,7%), mentre aumentano le over 70, che rappresentano il 9,4% delle ditte individuali “in rosa” (erano 1’8,6% cinque anni fa) Questo trend però è particolarmente presente nel mezzogiorno, prima di tutto in Campania con oltre 8mila imprese guidate da giovani donne e in particolare a Napoli. Ancora una volta ad avere spirito d’impresa sono proporzionalmente di più le donne immigrate: a giugno 2010, le capitane d’impresa meno che trentenni di provenienza extracomunitaria rappresentavano il 12,6% delle 52mila imprese gestite da donne immigrate.