Quale regione, se non il Lazio, poteva ospitare le stazioni termali più antiche del nostro Paese. Nella Roma della res publica questi edifici composti da impianti igienico-sanitari precursori di quelli odierni, rappresentavano i principali luoghi di ritrovo.

Piccole città all’interno della città, imponenti aree destinate ai più ricchi, più minute al resto della popolazione, anche i governatori e le alte cariche di Roma amavano trascorrere qui il loro tempo, magari discutendo proprio della res publica. Come loro anche illustri poeti o uomini vicini ad Augusto frequentavano le stazioni termali dell’Urbe: Sallustio, Catullo, Mecenate e Orazio.

Nelle loro opere Virgilio, Strabone, Galeno e Plinio il Giovane descrivono le proprietà terapeutiche delle Acque Albule delle Terme di Tivoli, tutt’oggi invase da turisti 360 giorni all’anno. Acque sulfuree e ipotermali, il cui nome deriva dal colore biancastro dell’acqua in stato gassoso una volta  emersa in superficie, liberando anidride carbonica e idrogeno solforato. Acque provenienti dal lago Regina e il lago Colonnelle, a nord della via Tiburtina, alla capacità di 3.000 litri al secondo e alla temperatura di 23°C.

Ricche di zolfo, le Terme Bagni di Tivoli curano malattie dell’apparato digerente, locomotore e respiratorio attraverso i percorsi e i trattamenti qui offerti: aerosol, bagni terapeutici, cure idropiniche, fanghi, humage, idromassaggi, inalazioni caldo-umide, insufflazioni, nebulizzazioni e piscina termale.

Le terme, che ospitano ogni anno migliaia di visitatori, vantano nel loro passato personaggi illustri che qui si recavano per guarire malattie, come il Cardinale della Queva e il Cardinale Ippolito d’Este. Quest’ultimo riuscì anche a ottenere il governo della città di Tivoli dove,per allontanarsi dalla zona paludosa e malsana che circondava le sorgenti, fece costruire Villa d’Este.

Cui prodest le terme? A tutti!

 

Giulia DONDONI