Non accenna a placarsi il numero delle donne vittime di violenza da parte dei propri uomini. Troppo spesso il fenomeno si consuma tra le mura domestiche e l’autore di quelli che vengono definiti “gesti inconsulti” si rivela essere proprio chi aveva promesso di amare, rispettare e onorare la compagna scelta per la vita.
Un’altra triste storia arriva da Roma, in via dell’Impruneta. Lunedì 11 febbraio un uomo di 22 anni ha accoltellato a Roma l’ex convivente 23enne incinta al secondo mese di gravidanza e il padre di lei, intervenuto per difendere la figlia che nel frattempo era riuscita a scappare. Il ragazzo dopo aver ferito al basso ventre l’uomo ha poi raggiunto l’ex fidanzata ferendola al torace e alla scapola. Mentre i due sono stati trasportati in codice rosso all’ospedale San Camillo, il 22enne è stato bloccato dai carabinieri del Nucleo radiomobile e arrestato per tentato omicidio.
Ma la violenza nei confronti delle donne non è solo fisica, anche e soprattutto psicologica. Agli inizi di febbraio una ragazza di 21 anni di Asti è stata vittima di stalking da parte dell’ex 25enne conosciuto all’università. Capendo che la giovane era sul punto di troncare la relazione, lo stalker originario di Alba era riuscito ad inserire un’applicazione Gps nell’iPhone della ragazza, riuscendo così a controllare ogni suo movimento e a trovarsi in qualsiasi luogo la giovane fosse. Ora l’universitario è stato denunciato dai Carabinieri.
Queste sono solo due esempi delle storie che ogni giorno inondano i mezzi di comunicazione in nostro possesso: televisione, radio e internet su tutti.
“Finché morte non ci separi” pronunciano gli sposi scambiandosi le promesse del sacro vincolo del matrimonio. Eppure, i dati che vengono forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità non sono rassicuranti: la prima causa di uccisione nel mondo di donne aventi età compresa tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio commesso da persone vicine alla vittima. Spesso di cui si fidavano ciecamente.
A fare luce sulla questione non aiutano certamente i mezzi di (dis)informazione, soprattutto quelli televisivi che trattano il “femminicidio” come una notizia all’ordine del giorno, senza ricercare le vere motivazioni che spingono un uomo a compiere quello che viene definito “raptus di follia” o “delitto passionale”. Ma noi non crediamo al “destino tragico” né tantomeno alla “cieca gelosia”, comportamenti che dovrebbero differenziare l’uomo dalla bestia. Ma d’altronde non era Hobbes che parlava di Homo homini lupus?
Nel 2006, quando ancora il fenomeno non era sotto i riflettori come nell’ultimo anno e mezzo, solo il 4,3% dei “femminicidi” avveniva per mano di un estrano (spesso di uno straniero), mentre ben il 61,7% dei casi risaliva a una situazione sentimentale malata, i.e. a un compagno violento. Ma il dato allarmante non si esaurisce qui, perché sul piccolo schermo il dato viene capovolto dando maggior rilievo ai decessi per mano di extracomunitari rispetto a quelli che sarebbero dovuti essere i compagni della vita. Vi è dunque un’attenzione maggiore, quasi ossessiva e di terrore nei confronti del “diverso”, quel senso di malessere e di diffidenza nei confronti di chi irrompe di punto in bianco nella nostra quotidianità provenendo da un Paese lontano tipico dell’età vittoriana fonte di ispirazione del capolavoro di Bram Stoker La vergine di Norimberga. Racconti del terrore dell’autore di Dracula il vampiro.
Se però è vero che i lividi si rimarginano, far guarire le cicatrici interne non è cosa da poco. Oltre alle botte le donne si sentono violate attraverso insulti e minacce che si tramutano in un altro terribile incubo: lo stalking. Lettere, telefonate, appostamenti e messaggi minatori rendono la vita delle vittime un vero e proprio inferno sulla Terra. In alcuni casi le donne sono vittime inconsapevoli di compagni o ex fidanzati che mettono sotto controllo il cellulare della partner ignara di tutto, come nella storia citata precedentemente.
Come fare dunque a prevenire queste situazioni? Purtroppo nell’epoca dei social network e del sopravvento della tecnologia sulle nostre vite non è cosa facile. È anche vero che per motivi di sicurezza, le informazioni per la localizzazione dell’iPhone possono essere utilizzate in caso di chiamate di emergenza indipendentemente dall’attivazione o meno di localizzazione, allo scopo di facilitare l’intervento di soccorso.
Giulia DONDONI