Perché disfarsi di una casa di lusso, a Milano, a Venezia o a Busseto, alle porte di Parma? Beh, i motivi possono essere tanti: costi di manutenzione alle stelle; scarso interesse da parte dei proprietari che vivono la maggior parte dell’anno altrove, oppure, semplicemente, lasciarla libera perché in quella casa non ci vive nessuno più da tempo così come non c’è nessuno a cui lasciarla. Uno spreco visti i tempi di crisi? Non per i potenziali acquirenti internazionali, interessati a fare un investimento nel mattone italiano più di ogni altro magnate del Tricolore. Il richiamo per i nababbi dell’hard luxury, russi e americani in testa, è davvero forte considerata l’esclusività degli immobili in questione: non solo zone esclusive, architetture di pregio o dettagli di finissima fattura. Quello che fa aumentare la quotazione è la storia che ognuna di queste case porta con sè.
Prima su tutte, la supervilla di via dei Giardini, zona Brera, di Santo Versace: 49 milioni di euro, 23.330 euro al metro quadro, è stata recentemente messa in vendita sul sito di real estate Sotheby’s International Realty.
Nel cuore brulicante della Milano fatta per gli artisti, con un nome che tradisce l’eccellenza “dell’unica strada con alberi nel centro di Milano” e che i più attenti si saranno accorti essere omonima di quella del Monopoli (guai a capitarci sopra con una casa o un hotel, si dilapida un patrimonio), è un grande complesso monofamiliare, una villa da 2100 mq di superficie vivibile, 400 metri di belvedere a più o meno altrettanti digiardino “dal raffinato design”, dotata di una “grande cura per i dettagli”. Secondo il sito di compravendita di immobili esclusivi, infatti, la casa “in quotazione top” (Corriere.it dixit) nasconde una storia unica ed eccellente quanto quella del suo proprietario.
Oltre ad essere la bicocca di Santo Versace, oggi onorevole deputato in quel di Roma più che fashion designer da movida meneghina, Villa Versace è “uno dei migliori esempi di architettura razionalista residenziale post-bellica”, spiegano gli addetti ai lavori:“progettata dagli architetti Carlo De Carli e Antonio Carminati, rappresentanti del Movimento Moderno, tra il 1953 e il 1954”, si sviluppa su quattro piani più seminterrato per il personale di servizio e, a giudicare dalle foto scattate negli interni, lusso e sfarzo proliferano in ogni dove. Di fatto, la stanza da bagno mosaicata con trompe-l’œil, da sola, fa ben capire il motivo per cui Sotheby’s l’abbia classificata nella categoria superior lifestyle decidendo di trattare per vie dirette l’affare. Il New York Times, poi, da oltre tre mesi l’ha annoverata tra le sue “Great homes and destinations”. Perché venderla, allora? Facile, a Santo Versace non serve più. Meglio puntare su Roma, che per quanto non sia romantica come Venezia.
Sulla Laguna, in rio Canareggio, un’altra dimora di un altro illustre artista del Made in Italy è in vendita. E’ la casa di Tiziano Vecellio.
Venice real estate e Casaitalia International l’hanno inserita nelle loro luxury homescon dovizia di particolari.
Prezzo stimato: tra i 1,9 e i 2,2 milioni di euro. Troppo? Non diremmo vista la ricchezza di affreschi con scene naturalistiche alle pareti, il caminetto tipico veneziano in pietra, e, aspetto più importante, le origine: questa sarebbe “l’autentica casa in cui il famoso pittore abitò per 45 anni e morì nel 1576”. La lapide in facciata lo dichiara.
Ora, su quest’ultima informazione gli storici dell’arte nicchiano: qui, zona calli e campi di San Canciano, il lussuoso attico, secondo e terzo piano di un palazzo storico, esteso per 150 metri quadrati di giardino e galleria verde c’è. Gli spazi ci sono e sono inequivocabilmente unici – fatta salva la moquette da estirpare via e per la quale si sospetta una proprietà inglese o americana – ma quella targa del civico 5182 di Cannaregio che recita “Tiziano Vecellio qui per nove lustri abitò e morì nel 1576, Venezia nel quarto centenario pose” venne affissa nel 1880 seguendo più una leggenda cittadina che degli effettivi atti notarili.
Insomma, Tiziano ci passò o non ci passò? Ai critici la sentenza; intanto, la richiesta resta online perché la sua proprietaria (si dice anche sia una ricca americana) non s’ha più che farsene di un indirizzo così. Ah, Peggy Guggenheim si rivolterebbe nella tomba.
Proprio come anche un’altra nobildonna del passato. Anche a Giuseppina Strepponi, cantante lirica e amante di Giuseppe Verdi, non farebbe piacere sapere che la casa dove visse il suo amore scandaloso con il cigno di Busseto ha fuori, ben affisso, il cartello VENDESI.
I due convissero qui fino al 1851, quindi finché Verdi non si sposò con la prima moglie. Qui, il maestro di Busseto compose quattro delle sue opere maggiori – Luisa Miller,Stiffelio, Rigoletto e Il Trovatore. A ricordarlo, le sale di cimeli e gli autografi degli amici che passarono, come Arturo Toscanini, stanze ricche di ricordi che si apprestano comunque a festeggiare il Bicentenario della nascita del Maestro (2013).
Oggi come un tempo, però, per tutti i bussetani quella resta la “casa dello scandalo“. Il motivo? Verdi e la Strepponi ci abitarono da amanti e conviventi dal 1845 al 1849 (si sposeranno solo nel 1859). In seguito venne riscattato dalla prima “ufficiale” moglie di Verdi, che lo lasciò donando il ricavato a una pensione di poveri di Busseto. Dopo i suoi eredi (famiglia Orlandi) nessuno più visse quelle sale. Da qualche tempo, poi, nessun proprietario c’è più stato per questo immobile di lusso, che se non di pregio per la metratura e i decori, vale un’enormità a pensare che il genio de La Traviata è passato di qui.
“Va’ un pensierino” all’acquisto, è venuto?
Paola PERFETTI