Dopo quattro mesi di depressione, Sandra torna alla quotidianità giusto in tempo per capire che la fabbrica di pannelli solari in cui lavora non ha più bisogno di lei. A decidere la sua sorte sono stati i suoi stessi colleghi dopo una consultazione indetta dal direttore (“O lei o il bonus da mille euro”). Sandra riuscirà ad ottenere una ripetizione del voto e una settimana per convincere i colleghi a rinunciare al premio di produzione. La sottile (e sadica) crudeltà del capitale, mascherata dalla farsa di una votazione democratica, è al centro di Due giorni, una notte – il nuovo film dei fratelli Dardenne con il quale a maggio hanno sfiorato la terza Palma d’oro in quindici anni – che ha il merito, tra gli altri, di riproporre al grande pubblico una Marion Cotillard di nuovo ai suoi (altissimi) livelli. Quelli, per intenderci, che l’hanno portata all’Oscar per l’interpretazione di Édith Piaf ne La vie en rose, l’unico lampo di genio del sempre più soporifero Olivier Dahan, e, ancor prima, al César come non protagonista per il melodrammatico Una lunga domenica di passioni diretta da Jean-Pierre Jeunet.
Nata a Parigi, ma cresciuta nell’incantevole campagna del Loiret, Marion, dopo l’esordio nel trascurabile Histoire du garçon qui voulait qu’on l’embrasse di un allora (come ora) sconosciuto Philippe Harel, nel corso della sua pur giovane carriera ha lavorato con i più grandi registi internazionali: da Tim Burton in Big Fish, nei panni di Joséphine, moglie francese di Billy Crudup, a Christopher Nolan nell’acclamato Inception al fianco di Leonardo DiCaprio e l’astro nascente del cinema indipendente americano Joseph Gordon-Levitt (buttate un occhio alla sua opera prima, Don Jon, per credermi…) dove interpreta la moglie di Cobb (Leo), morta suicida. A posteriori, del suo personaggio nel capolavoro del regista in questi giorni nelle sale con Interstellar, sintetizzando in una frase gran parte della propria carriera, dirà: «È proprio quel tipo di persona che non riesci a descrivere perché ognuno le può dare un’interpretazione diversa».
Ripresa innumerevoli volte dagli obbiettivi di Annie Leibovitz e Peter Lindbergh, dal 2008 la Cotillard è impegnata come testimonial per Christian Dior, per la modica cifra di un milioni e mezzo di dollari a spot. Nei prossimi mesi, infine, collaborerà con Mark Osborne in una nuova versione cinematografica in CGI e stop motion (budget intorno ai 100 milioni di dollari) del Piccolo Principe a 71 anni dalla sua prima pubblicazione.
JM