Sembra che tutti i più grandi cuochi della capitale sabauda siano accomunati da un triste destino, quello di una morte tanto cruenta quanto misteriosa.
No, non stiamo scrivendo un articolo di cronaca, per fortuna, stiamo cercando di raccontare il nuovo libro di Luca Iaccarino che si intitola appunto “Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino“.
Il giallo fa parte di una collana edita da EDT, Alla Carta in cui le città del mondo vengono raccontate partendo dal punto di vista gastronomico. Questa è la volta di Torino scenario insolito per un giallo che è farcito di numerose e romantiche citazioni.
Come ci fa intendere l’autore, che non è e non ambisce ad essere un giallista nel vero senso della parola, il fil rouge del romanzo è la città di Torino con le sue abitudini, i suoi vezzi e, naturalmente, la sua cucina.
Non diciamo niente che rischi di togliere curiosità al lettore, ma anzi probabilmente la aumentiamo se diciamo che nel giro di una manciata di pagine ci imbattiamo nel primo delitto efferato, quello di Matteo Baronetto, chef del ristorante Del Cambio, forse il più famoso, certo il più storico di Torino, quello dove già sedeva il conte di Cavour. Lo chef viene liofilizzato, in questa ed altre morti stravaganti è l’essenza di tutto il romanzo: un giallo dove protagonista assoluto è l’umorismo, non la comicità, non la risata grassa quanto il sorriso sornione, tipico dei torinesi.
Gli stessi chef morti ammazzati, confida Iaccarino, che inizialmente aveva temuto qualche reazione scomposta, con il sottile umorismo torinese, hanno accettato di buon grado la sorte inflitta.
Una figura in realtà è presa di mira da Iaccarino, ed è il terribile critico gastronomico nella sua alterigia, ma a scanso di equivoci possiamo dire che il personaggio di riferimento è quell’Anton Ego, critico gastronomico in Ratatouille di Disney.
Non mancano le divagazioni, tanto care all’autore, in cui aneddoti della gastronomia piemontese, come quello sulla vacca Fassona, si alternano con un ritmo incalzante al dipanarsi delle vicende.
Ed infine, come in ogni giallo che si rispetti c’è un commissario, il Santamaria che non fa nulla per nascondere di essere una citazione, oltre che un omaggio di Iaccarino al commissario, napoletano, trapiantato nella Torino degli anni 70, di Fruttero e Lucentini ne La donna della domenica.
Un giallo simpatico che è una scusa per conoscere un po’ di più della Torino golosa e che per una volta non parla di agnolotti, vitello tonnato e grissini.
Silvia GALLI