Ribelle e visionaria, Vivienne Westwood è senza alcuna ombra di dubbio tra le artiste più rilevanti del nostro tempo. Una donna forte e determinata che ha voluto usare la moda non soltanto per esprimere la sua creatività, ma anche come veicolo per affermare idee per divulgare messaggi. Una donna che non si è mai voluta piegare a certi compromessi, anche nei momenti di difficoltà più estrema, riuscendo a mantenere ben salde le redini della sua impresa, che ancora oggi all’età di 77 anni gestisce interamente, ammonendo nuovi e vecchi collaboratori. Una donna dal carattere sovversivo e punk, Vivienne Westwood, naturalmente votata a ribaltare il sistema. Una donna il cui profilo, professionale e non viene, tracciato dalla regista Lorna Tucker nel bel documentario Westwood: Punk, Icona, Attivista.
Nei cinema italiani dal 20 febbraio, distribuito da Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema – proprio in pieno periodo di Milano fashion week – il docufilm racconta la stilista punk emblema della moda inglese, a partire dai suoi esordi negli Anni ’70, mettendone in luce la forte personalità, la profonda dirittura morale, la capacità di credere nelle cose, di entusiasmarsi per dei progetti, la cieca fiducia nella determinazione. La Tucker – regista ed ex modella con un passato turbolento e problemi di tossicodipendenza – non poteva che rimanere rapita, sentendone l’impellente desiderio di cristallizzarla in un film, dalla passione straordinaria di Vivienne Westwood. Passione che l’ha portata ad emergere dalla working class dell’Inghilterra del nord, anche senza avere le spalle coperte né una formazione universitaria, a trovare la sua strada anche quando nessuno credeva in lei, anche quando la stampa la derideva, a superare difficoltà finanziarie sorte a causa dell’ex socio, a portare avanti la sua lotta per la tutela a la salvaguardia del pianeta, a lottare contro un sistema che oggi più che mai sembra essere sempre più corrotto.
“Quello che mi ha fatto innamorare di lei è il suo essere genuina e determinata, così vera e così forte. Nonostante sia in là con gli anni, è così sexy e il fatto che sia riuscita a rompere il soffitto di cristallo diventando un’imprenditrice di successo in un mondo di uomini mi ha molto colpito”, afferma la regista, che ben lungi dall’adularla – Vivienne Westwood è restia a qualsivoglia forma di celebrazione – ne vuole sottolineare l’integrità umana e professionale. “Non aveva soldi, non aveva sponsor – dice la Tucker – realizzava gli abiti sul tavolo della cucina, di notte. Per anni, agli incontri con i professionisti, loro risero di lei […] Volevo che le persone vedessero con quale determinazione è riuscita a realizzarsi senza un’istruzione universitaria, soltanto con il lavoro duro“.
Non solo quindi una luminare della moda mondiale, ma anche un fulgido esempio da seguire, una donna da cui imparare, una fonte di ispirazione per diverse generazioni. Una donna la cui storia viene raccontata in maniera intima, attraverso i suoi stessi racconti e attraverso le parole – schiette e sincere, nel bene e nel male – della cerchia più ristretta di familiari, tra cui l’adorato marito Andreas Kronthaler, collaboratori e amici, il tutto montato con materiali d’archivio e scene inedite.
“Durante i tre anni in cui abbiamo girato il film, siamo riusciti a riprendere diversi aspetti della vita di Vivienne. Impiega la stessa passione e determinazione sia quando lavora nel suo showroom fino a tardi, sia quando manifesta a Westminster contro i cambiamenti climatici. La sua palpabile inclinazione alla ribellione e la sua morale anti-sistema sono alla base di tutte le sue azioni”. Non un classico film di moda, ma un film da vedere per avere una visione globale di Vivienne designer, attivista e donna.
Pinella PETRONIO