Se c’è un luogo dove andiamo per sfogare lo stress, migliorare il nostro benessere e magari scolpire quei muscoli che tanto desideriamo, è la palestra. Un ambiente sacro dove dovremmo sentirci libere e potenti. Eppure, per molte donne, la palestra può trasformarsi in un campo di battaglia in cui non lottiamo solo contro i pesi, ma contro le non richieste attenzioni maschili. Per chi non lo sapesse (anche se sospetto che la maggior parte di voi abbia già avuto il piacere di imbattervi in questo fenomeno), il mansplaining è quell’atteggiamento paternalistico in cui un uomo sente il bisogno di spiegarti qualcosa, nonostante tu sia perfettamente in grado di gestire la situazione.

Questo termine, reso celebre dal saggio di Rebecca Solnit “Gli uomini mi spiegano le cose“, descrive una dinamica comune in molti ambiti della vita. Ma in palestra, il meansplaining prende forme ancora più irritanti: uomini che si sentono in dovere di insegnarti come fare un esercizio, come migliorare la tua tecnica, o persino come mettere a posto i pesi. E non importa se sei lì da anni o se sei un’istruttrice certificata, il meansplainer pensa sempre di saperne più di te.

Mansplaining in palestra: ispirazione Kill Bill

Immagina la scena: sei Uma Thurman in Kill Bill, pronta a combattere, concentrata come una lama affilata, quando improvvisamente un perfetto sconosciuto si avvicina. Ti interrompe per darti quel consiglio su come fare meglio gli squat che tu fai da 15 anni. È come se la tua esperienza, i tuoi allenamenti e la tua dedizione non contassero nulla. Ti immagini la sua faccia saccente come un sacco da boxe ma invece, sorridi e cerchi di mantenere la calma. Sì, il mansplaining in palestra è quel momento imbarazzante e frustrante allo stesso tempo, dove il tuo focus viene deviato da chi crede di essere un misto tra Arnold Schwarzenegger, Jury Chechi e Bruce Lee… senza che nessuno glielo abbia chiesto.

Consigli non richiesti durante l’allenamento

Ecco un esempio classico: Ti trovi nella sala pesi, stai facendo stacchi da terra perfetti, quando un uomo si avvicina e con il classico tono da professore ti dice: “Sai, dovresti piegare di più le ginocchia“. Tu, che hai passato mesi a perfezionare la tua tecnica, gli sorridi, cercando di evitare di lanciargli un peso da 10 kg addosso. Ma il consiglio non richiesto arriva puntuale, puntualmente non richiesto.

Come rispondere al mansplaining: strategie divertenti ed efficaci

Ora, sappiamo tutte che reagire sul momento non è facile. C’è quel sottile equilibrio tra difendere il proprio spazio e non sembrare troppo “aggressive” (perché sì, anche nel 2024 ci si aspetta ancora che le donne siano pacate e remissive, persino in palestra!). Ma non preoccuparti, ecco alcune tecniche infallibili per gestire il mansplaining come una vera guerriera:

1. La tecnica delel cuffie
Metti su le tue cuffie (possibilmente quelle grandi, in stile DJ) e non fare caso a nessuno. Lo sguardo d’acciaio alla Miranda Priestly in Il diavolo veste Prada farà il resto. L’aria indifferente e concentrata è spesso sufficiente a scoraggiare il meansplainer medio. Se ti interrompe, fai un cenno verso le cuffie e alza le sopracciglia con aria interrogativa, come a dire: “Veramente?”.

2. L’arte della risposta breve
Se il meansplainer è particolarmente insistente, una risposta secca e decisa potrebbe fare al caso tuo. Prendi spunto da una scena di Sex and the City, in cui Carrie Bradshaw liquida una conversazione indesiderata con un semplice: “No, grazie“. Quando il consiglio non richiesto arriva, puoi sorridere e dire con tono fermo: “No, non mi serve il tuo aiuto, grazie!”. Poche parole, molto effetto.

3. L’Approccio educativo: Ribaltare il gioco
Vuoi davvero divertiti? Prova a ribaltare la situazione. Quando un uomo si avvicina per insegnarti qualcosa, puoi gentilmente cominciare tu a dare consigli… su qualunque cosa! Che ne dici di suggerirgli una nuova routine di squat, o magari un libro che potrebbe ampliare i suoi orizzonti sul femminismo? Con un sorriso gentile e una voce dolce, diventa tu la “maestra”. Guarda la sua reazione: pura magia.

4. L’uso della competenza: Il potere del curriculum
In certe situazioni, tirare fuori le tue credenziali può essere il miglior deterrente. Se sei un’istruttrice, ad esempio, puoi rispondere con un delicato: “Sono un’allenatrice certificata, ma apprezzo il suggerimento!”, tagliente ma educata.

5. La strategia “Sono qui per allenarmi, non per socializzare”
Alcuni giorni potresti semplicemente non avere voglia di interagire. Questo è perfettamente legittimo. Se un uomo inizia a parlarti, puoi limitarti a uno sguardo fermo e un deciso: “Sono concentrata sul mio allenamento, grazie“. Funziona come un vero scudo invisibile, lasciandoti continuare senza distrazioni.

Perché il mansplaining è tanto fastidioso?

Ciò che rende il mansplaining in palestra così esasperante è che sminuisce la nostra competenza e autonomia. È un fenomeno che non riguarda solo l’atto di spiegare, ma ciò che esso implica: l’idea che una donna, anche in uno spazio dedicato alla sua crescita fisica e mentale, debba essere guidata o corretta da un uomo. Non importa quanti chili solleviamo o quanto siamo preparate, alcuni uomi ci vedranno sempre come qualcuno da “istruire”.

Il meansplaining può essere fastidioso, ma con un po’ di strategia e un sorriso consapevole, possiamo rimettere a posto la situazione facendo in modo che non si ripeta (speriamo!). Ricorda: il tuo allenamento è il tuo momento. Non c’è spazio per insegnamenti non richiesti quando stai cercando di diventare la migliore versione di te stessa. In fondo, la vera forza non è solo nei muscoli, ma anche nel sapere come gestire queste piccole grandi battaglie quotidiane.

MaZ

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