In effetti tutte le valutazioni tecnico-scientifiche effettuate sia durante la fase investigativa (da parte in primis del Ris di Parma) che dibattimentale (nel processo di primo grado vennero disposte una serie di perizie tecniche da parte del GUP Vitelli per dirimere una serie di importanti controversie relative alla “lettura” delle informazioni emerse dalla scena del crimine) non hanno mai dimostrato la sussistenza di sufficienti elementi a carico dello Stasi. In altre parole i cosiddetti “gravi indizi di colpevolezza” non hanno retto il vaglio di ben due gradi di giudizio…
La parte civile ha chiesto di esaminare un capello trovato (privo di bulbo..) vicino alla vittima e una bici nera da donna (come quella descritta da sempre da una testimone oculare) nella disponibilità della famiglia Stasi (all’epoca dei fatti ne venne, inspiegabilmente, sequestrata ed analizzata una color bordeaux da uomo che risultò del tutto inutile ai fini dell’accertamento).
C’è però da chiedersi se davvero tali integrazioni investigative possano realisticamente risultare ancora di aiuto per svelare il mistero circa la morte di Chiara. Il tempo, si sa, non è un buon amico dell’investigazione “scientifica”.
Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi
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