Nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2007 Meredith viene uccisa a coltellate all’interno della sua camera da letto.
L’assassino, poi, chiude la stanza a chiave e se ne va.
Amanda e Raffaele vengono da subito sospettati. Loro però si difendono, dicono di aver trascorso la serata e la notte a casa di Raffaele, a fumare hashish e a guardare un film.
Quando finalmente la polizia rintraccia Rudy Guede, per i tre ragazzi inizia il lungo iter processuale.
Guede, che ammette di essere stato presente sul luogo del delitto, ma nega di averlo commesso, sceglie il rito abbreviato e viene condannato in via definitiva a 16 anni di carcere.
Per Amanda e Raffaele, che continuano a proclamarsi innocenti, il processo di primo grado termina nel dicembre 2009 con la condanna rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere. I giochi sembrano fatti. Ma un anno più tardi, quando si celebra il secondo grado, tutte le certezze vacillano: una perizia sul coltello ipotizzato come arma del delitto e sul gancetto del reggiseno di Meredith stabilisce che gli accertamenti fatti all’epoca dei fatti, secondo i quali in tali oggetti c’erano tracce di Meredih, di Amanda e di Raffaele, non sono attendibili.
Crolla così la principale prova a carico degli imputati, che il 3 ottobre 2011, tra molte polemiche, vengono assolti per non aver commesso il fatto.
Rudy Guede resta l’unico assassino, ma nella sua sentenza di condanna si parla di “concorso in omicidio”…
Resta pertanto ancora senza risposta il quesito principale: chi ha veramente ucciso Meredith?
Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi