È un dato di fatto ormai consolidato: la fruizione di Internet avviene sempre più spesso attraverso dispositivi portatili come smartphone e tablet, grazie ai quali possiamo affacciarci sul web in qualsiasi momento, anche quando siamo lontani dalla classica postazione PC.
Motore trainante e, al tempo stesso, fiore all’occhiello di questa ennesima rivoluzione digitale sono le applicazioni mobile: leggerissime ma altamente specializzate, e per questo estremamente funzionali, ci permettono di svolgere i compiti più diversi in pochissimi click.
Il più delle volte se ne sottolinea la dimensione ludica: esistono app per giocare, disegnare, personalizzare fotografie, ascoltare la radio, chattare, eccetera, eccetera. Ma questi piccolissimi software possono essere di enorme utilità anche dal punto di vista pratico. Possono addirittura salvarti la vita. È proprio a questo scopo che in India è nata Fight Back, la prima app anti-molestie.
Lanciata su iniziativa dei fondatori di Whypool, organizzazione no profit locale che si autodefinisce “la sola piattaforma di Open Government indiana”, e sviluppata da CanvasM Technologies, Fight Back è stata creata per proteggere dalle violenze le donne della capitale Nuova Delhi, che negli ultimi tempi si è guadagnata la triste fama di città meno sicura di tutta l’India.
Il funzionamento dell’applicazione è estremamente semplice: in caso di pericolo è sufficiente premere un tasto per inviare a cinque contatti prestabiliti, incluso ovviamente il numero di emergenza della polizia, un messaggio di SOS, corredato con le coordinate della propria posizione rilevata tramite tecnologia GPS. L’allarme viene poi diramato anche sui principali social network, da Facebook a Twitter.
Scaricabile direttamente dal sito di Whypool, Fight Back raccoglie poi in un apposito database tutte le segnalazioni ricevute per aggiornare in tempo reale la cosiddetta (Un)Safe Map di Nuova Delhi, una cartina geografica della città con precise indicazioni sulle zone più pericolose.
“In India le donne vengono molestate ovunque: sugli autobus, in metropolitana, al mercato”, è il commento di Hindol Sengupta, cofondatore di Whypoll. “Noi siamo convinti che anche la tecnologia possa contribuire a contrastare questo fenomeno ed è per questo che abbiamo creato Fight Back, la prima applicazione mobile in tutta l’Asia a schierarsi in difesa del genere femminile”.
Le parole di Sengupta trovano purtroppo conferma nei dati recentemente rilasciati dal National Crime Records Bureau indiano: dal 1971 al 2009 le violenze sessuali nel paese sono aumentate del 760%, tenendo conto unicamente dei casi segnalati. Uno stupro su quattro, in particolare, avviene proprio a Nuova Delhi.
Solo il tempo potrà dirci se, e in quale misura, Fight Back riuscirà a migliorare la condizione della donna in India. Nel frattempo, la speranza è che l’esempio virtuoso di questa applicazione possa essere esportato ovunque ce ne sia bisogno.
Manuele Moro