E’ la notizia uscita questa mattina su tutti i quotidiani: la nuova generazione delle mamme è caratterizzata da single incallite, delle quali una su 5 decide di dare il suo nome – e non quello del padre – al suo bebè.
La statistica è stata emessa rispetto ai dati diffusi dalla Clinica Mangiagalli di Milano, la “fabbrica dei bambini” del capoluogo lombardo: ha riscontrato infatti una triplicazione dei numeri in soli due anni. Ma quale è la carta di identità delle nuove mamme single?
Innanzitutto si tratta di donne sui 35 anni, in carriera e con un alto livello di studio. In quanto alla provenienza geografica, poi, è la Lombardia a guidare la classifica con il tasso di occupazione femminile più alto d’Europa (ben il 57,1%).
Insomma, è il segnale di una rivoluzione epocale: intorno ai 35 anni il desiderio di maternità può essere talmente forte da spingere a fare un figlio anche senza avere un uomo al fianco, tanto che nel 2010, nel Nord Italia, una neomamma su cinque non ha dichiarato il partner al momento del parto. Il totale? Ben 1.298 donne, delle quali oltre il 70% sono italiane, spesso con in tasca la laurea e una carriera ben avviata.
Spiega sulle pagine de IlCorriere.it Giancarlo Cesana, presidente della Fondazione Policlinico-Mangiagalli: “È un fenomeno sociologico nuovo che, se confermato, deve fare riflettere. Da un lato c’è la voglia di fare figli, dall’altro la difficoltà di creare una famiglia”. Dai certificati dell’Anagrafe di Milano risulta anche che i bambini senza padre sono il 3%: “Gli uomini sono sempre più spaventati davanti alla paternità oppure le donne sono diventate
indipendenti a tal punto da fare un figlio in completa autonomia” – ha spiegato la sociologa Chiara Saraceno – Dietro la decisione di non indicare l’identità paterna ci può essere anche la voglia di dare il doppio cognome al nascituro: in Italia, infatti, i figli assumono di norma il cognome dell’uomo, a meno che il bambino non sia riconosciuto prima dalla mamma e solo dopo anche dal padre. Anche questo, del resto, può essere il sintomo di un nuovo trend”.
D’altronde, Milano è da sempre uan città anticipatrice dei trends di Italia: qui hanno si è registrato per la prima volta il sorpasso storico dei single sulle famiglie (220 mila contro 159 mila); in vent’anni sono triplicati i figli nati fuori dal matrimonio ed ora scoppia il boom delle mamme sole.
Chiude questa analisi la giornalista Simona Ravizza che dice: “In un contesto simile Milano può apparire la città italiana dove meglio viene declinata la Womenomics che vede uno stretto collegamento tra donne, lavoro, economia e fecondità. Persino se non c’è un uomo con cui condividere il progetto di un bambino. Ma Sabina Guancia, consigliere di parità supplente in Regione Lombardia, azzarda una provocazione: «Molte donne si dichiarano madri sole anche se hanno un partner, perché da single è più facile, per esempio, fare ammettere il figlio all’asilo nido». E qui riemerge la solita Italia: quella in cui conciliare lavoro e famiglia è difficile e, per essere facilitate nell’ammissione del bimbo al nido, ci si può dichiarare single.”
Insomma, paura dei rapporti di coppia, “sfruttamento” – passatemi il termine – della posizione di single per avere corsie privilegiate nell’inserimento dei pargoli ai nido e asili, ma anche voglia di rivalsa sui maschietti o semplicemente fine dei rapporti che vedevano il maschio nella posizione super partes di pater familia (inteso nel suo senso più ampio): qualcosa è davvero cambiato nella donna e nella società tutta, e qualcos’altro si modificherà irrimediabilmente anche nella forma mentis dei figli rompendo in modo definitivo il legame con il tradizionale concetto di famiglia tradizionale. Ma stiamo andando per davvero dalla parte giusta?
Paola Perfetti