Il flauto ritrovato ed analizzato dalla Polizia Scientifica non ha consentito di attribuire lo strumento musicale alla ragazza scomparsa ormai 30 anni fa. Non è stato infatti possibile isolare tracce biologiche all’interno dello strumento e, senza DNA, non è possibile procedere con la comparazione con i profili genetici dei familiari di Emanuela.
Pietro Orlandi si dice certo che la custodia dello strumento sia proprio quella che usava Emanuela, ma sono passati 30 anni e la memoria può giocare brutti scherzi in casi come questo, e non solo. Ad oggi quindi quello strumento resta un giallo nel giallo.
Indubbiamente molto fa discutere anche il soggetto che ne ha permesso il “miracoloso” ritrovamento, Marco Fassoni Accetti. L’uomo, un passato alquanto problematico contrassegnato anche da un omicidio colposo che ancora oggi riserva elementi mai chiariti, si è attribuito anche un ruolo nella vicenda che ha riguardato sia la scomparsa di Emanuela Orlandi che di Mirella Gregori. Ma sono davvero molte le perplessità anche su queste sue dichiarazioni.
Fassoni Accetti ha poi un altro terribile precedente alle spalle: il 20 dicembre 1983 nella zona della pineta di Ostia ha investito e ucciso Josè Garamon, un bambino che ha avuto la sfortuna di incrociare il suo cammino. In quell’occasione l’uomo non si era neppure fermato a soccorrerlo. Lo aveva lasciato morente sull’asfalto. Per questa vicenda è stato condannato per omicidio colposo e omissione di soccorso. Ma la vicenda offre ancora oggi degli elementi di forte dubbio sulla reale dinamica dei fatti.
Continua la prossima settimana...
Roberta BRUZZONE – criminologa e psicologa forense Presidente dell’Accademia Scienze Forensi
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