Adesso si chiama burnout ma le nonne lo chiamavano esaurimento nervoso. In questo periodo abbiamo sopportato più pesi di quelli che già solitamente ci ritroviamo a sopportare. Non parliamo delle donne che hanno portato sulle proprie spalle ancora più carico mentale rispetto al solito, tra lavoro, famiglia e organizzazione domestica. Il cibo si è trasformato in uno sfogo, in una consolazione, un passatempo, una droga economica e molto facile da trovare, questa problematica è stata denominata dal Guardian Burnout eating.
In un recente studio sull’alimentazione emotiva durante la pandemia, condotto da Katherine McAtamney della Birmingham City University, – e riportato dal Guardian – è risultato che un quarto dei partecipanti ha affermato di consumare più cibo in generale, un terzo ha affermato di mangiare in modo meno sano rispetto al solito.
Una ricerca condotta dall’Università di Aarhus in Danimarca invece ha scoperto che la pandemia ha incoronato i britannici come i più grandi mangiatori di comfort food, con il consumo di cibi pronti in aumento del 29%, alcol in aumento del 29% e dessert e snack in crescita del 34%.
La tendenza a rivolgersi al cibo quando si verificano stress, depressione, problemi di salute mentale è molto presente nella vita di tutti, soprattutto durante questo ultimo anno e mezzo, ed in mancanza di divertimento, socialità e relazioni è stato quasi impossibile non cadere nelle lusinghe del cibo.
Purtroppo quando si parla di cibo ci sono molti legami emotivi legati a quello che proviamo mangiando o non mangiando ma non sempre i disordini alimentari vengono trattati anche dal punto di vista emotivo. Bisogna arrivare a disordini alimentari gravi a problemi di bulimia, anoressia per riuscire a trovare qualche risposta professionale.
Tutte le problematiche legate al cibo di cui ci stiamo facendo carico dopo e durante la pandemia possono essere individuate come burnout eating e dovremmo affrontarne le conseguenze. Prima di pensare di essere solo noi ad avere dei problemi dovremmo darci del tempo, essere più comprensivi con noi stessi e invece che andare solo in palestra o dal nutrizionista, servirebbe un buon sostegno psicologico specifico.
MaZ