Gli inglesi la chiamano pink tax e si tratta di una ‘tassa rosa’ che molto spesso viene applicata a prodotti e servizi femminili. I prodotti dedicati alle donne molto probabilmente costano di più. Come mai? Molti esperti, giornalisti e analisti di mercato hanno analizzato questo fenomeno trovando diversi spunti interessanti.
Dui giornalisti francesi Anne-Lise Bouyer & Nicolas Kayser-Bril dell’agenzia Journalism++, ad esempio, attraverso una metodologia data driven, hanno raccolto delle informazioni in merito a dei prodotti di bellezza. Si tratta di una analisi a partire dai dati (raccolti in alcuni grandi magazzini francesi e tedeschi come Sephora, Douglass, Monoprix, Rossmann) che ha rilevato la complessità di calcolo legata ai presunti costi maggiorati dei prodotti beauty dedicati alle donne. Qui il report completo.
Il ‘gender pricing‘ è stato preso in esame anche dal New York City Department of Consumers Affairs, che ha evidenziato il prezzo maggiorato, del 7% circa, dei prodotti femminili rispetto a quelli maschili. Un profumo da donna ad esempio costa di più nel 42% dei casi. Qui il report completo.
Il portale di confronto prezzi di idealo ha provato a ripetere l’esperimento per verificare l’esistenza della “woman tax” nel segmento beauty in Italia selezionando 120 prodotti quasi identici nelle versioni “uomo” e “donna” offerti da oltre 100 profumerie online. L’indagine ha rivelato che le donne sono vittime di una disparità o, piuttosto, di una discriminazione di prezzo nel 64% dei casi. Il grafico seguente illustra la distribuzione dei prezzi dei deodoranti e dei profumi venduti su idealo a maggio del 2016:
Statisticamente le donne guadagnano meno rispetto agli uomini (!), ma pagano di più per oggetti di uso quotidiano. Inoltre, le disparità maggiori riguardano prodotti che le donne tendono ad usare con maggiore frequenza e in maggiori quantità rispetto agli uomini. Ma perché?
Tesi 1: Le donne sono disposte, in generale, a pagare un prezzo più elevato per cosmetici e abbigliamento perché più attente alla qualità di questi prodotti. La maggiorazione di prezzo sarebbe da ricondurre in questo caso, alle preferenze di un segmento di mercato, meno sensibile al prezzo e più sensibile alla qualità. Porre un argine a questo tipo di segmentazione del mercato sarebbe possibile solo sulla base di una trasformazione delle preferenze e del lifestyle femminile. Scegliere prodotti generici o unisex, insomma, e abbandonare l’idea di articoli femminili specifici per aggirare la tassa di genere.
Tesi 2: La discriminazione dei prezzi nasconde una fondamentale discriminazione rivolta verso le donne in generale. I prodotti maschili non sarebbero percepiti come prodotti “per uomo”, ma come prodotti generici, come la versione standard della categoria merceologica. I prodotti “rosa”, invece, equivarrebbero a prodotti speciali, ovvero a prodotti che, deviando dalla “versione normale”, dalla norma merceologica, e quindi costano di più.
Qualunque sia la spiegazione logica a questo fenomeno, non sarebbe meglio invertire la rotta e riuscire ad acquistare dei prodotti svincolati da tutte queste paturnie?
MaZ