Cristina è una giovane madre. Ha due figli, un marito, Alessandro – interpretato da Pietro Sermonti -, e aveva un lavoro che ha lasciato per dedicarsi completamente alla famiglia. Una donna forte, come tante. Cristina in Tutto può succedere, la nuova fiction Rai in onda tutte le domeniche, è Camilla Filippi, anch’essa madre, anch’essa forte.
Perché, nonostante sia giovanissima, Camilla ha già un curriculum che parla per lei: dall’esordio con Matteo Garrone in Estate Romana al successo di queste settimane con la fiction ispirata al telefilm americano Parenthood, alternando spesso e con disinvoltura piccolo e grande schermo.
L’abbiamo incontrata, abbiamo fatto due chiacchiere, abbiamo citato Tolstoj come fanno quelli in gamba e abbiamo sbobinato il tutto. Ed è uscito questo.
Ti aspettavi il successo di Tutto può succedere?
Ho imparato a non aspettarmi nulla, ma è impossibile non sperare.
La fiction è la dimostrazione che anche in Italia si possono realizzare serie di successo, nonostante sia basata su una produzione straniera…
Io credo che il problema delle nostre fiction non sia la mancanza di capacità tecniche, ma penso che spesso ci sia mancanza di coraggio, e che si facciano serie che sono per un pubblico di quantità e non mirate ad un target preciso. Ora le cose stanno cambiando, internet e la fruibilità dei prodotti sta spingendo tutti verso una competitività sana e di qualità.
Ogni famiglia infelice è disgraziata a modo suo, ma pensi che nella famiglia che racconti nella fiction possano identificarsi anche altre famiglie?
La nostra serie racconta uno spaccato, non tutti gli spaccati, ma credo che nella complessità delle varie umanità, nelle debolezze e nelle grandezze di ogni personaggio ognuno possa trovare qualcosa in cui ritrovarsi.
Quanto è lontana la Camilla di Tutto può succedere dalla Camilla di Compagni di scuola?
Forse, come mi ha detto qualcuno, il mio personaggio di Arianna in Compagni di scuola è solamente cresciuta e si è trasformata in Cristina di Tutto Puo succedere.
Se invece parliamo di me, non credo basterebbe qualche riga per raccontare sedici anni di esperienze,di conoscenze, di gioie e di dolori che mi hanno trasformato nella persona che sono.
Hai lavorato con i migliori registi italiani. Com’è stato lavorare sul set de La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana?
Ero piccola, incoscente e non consapevole di quello che stavo facendo. Con il senno di poi, so che quel film mi ha fatto capire che attrice mi interessava diventare.
L’esordio sul grande schermo, però, è stato con Matteo Garrone in Estate romana. Si intravedevano già in quel film le potenzialità, poi esplose ne L’imbalsamatore, del giovane regista romano?
Trovo Estate Romana uno dei film più belli di Garrone, se pur acerbo e più grezzo.
Quando hai 18 anni non sei così lungimirante, non vedi più in là del presente, mi era impossibile capire quello che sarebbe diventato.
Dopo aver lavorato con Giordana, Garrone e Piccioni, c’è un regista per il quale faresti carte? (Non rispondere Sorrentino, è troppo facile!)
Non l’avrei fatto! La vera scommessa è puntare sugli sconosciuti.
Per chiudere, dove nasce l’idea della tue colazioni d’autore su Instagram?
Volevo raccontare di me, delle mie passioni, del mio mondo, volevo cercare di essere onesta. Così è nato #camillaspsychedelichbreakfast e ogni mattina per 130 giorni, e ora quando ne sento il bisogno, ho ascoltato il mio stato d’animo prima che fosse inquinato dal mondo, e l’ho trasportato in un immagine gia codificata, cosi che fossi sicura che arrivasse nel modo più semplice possibile.
Facendo tutto sola…
Trucco, parrucco, costumi da sola, e parrucche a parte, uso solo cose che ho in casa, poi mi siedo al tavolo della cucina e con il mestolo di legno pigio il pulsante dell’autoscatto e recito la mia parte.
JM