E’ partita lo scorso 1 novembre e rimarrà aperta al pubblico fino al 31 marzo la mostra Culture Chanel, la donna che legge, ospitata a Venezia a Ca’ Pesaro.
Si tratta di una esposizione curata da Jean-Louis Froment, che vuole rappresentare il riscatto sociale e culturale di una donna che, leggendo e studiando, si trasforma nella sua identità più profonda, arrivando a ribellarsi al padre, con il quale spesso Chanel si identificava.
Froment ha spiegato da cosa si è basato per dar vita all’installazione: “Quando Roland Barthes, in un suo articolo del 1967, faceva riferimento a Chanel, scrisse: alla lettera C del dizionario, troverete un’autrice che si chiama Chanel, che non si esprime a parole, bensì attraverso oggetti e tessuti. Si potrebbe dire che uno scrittore sia colui che scrive su spazi inattesi. Anche una Mostra si può scrivere. Rispetto a Culture Chanel a Venezia è chiaramente la poesia che mi ha fornito la struttura di pensiero”.
Il percorso di “Culture Chanel, la donna che legge” si divide in sezioni: la vita che conduciamo, le confidenze dell’invisibile, pensieri che fanno riflettere, gli aspetti del tempo. Da queste sezioni emergono testi originali dadaisti, cimeli del Futurismo, oggetti e libri di Jean Cocteau, e addirittura tomi con incisioni originali di Salvador Dalì.
Dopotutto, Chanel aveva gusto anche quando si trattava di libri, anche grazie alle sue conoscenze, primo fra tutti Mallarmè, e grazie alla sua elevata capacità di elaborare in modo originale le suggestione letterarie del tempo.
Ma chi è Gabrielle, si chiederanno in molti? Si tratta sempre della leggendaria Coco, perché quello era il suo nome di battesimo, che lei poi cambio nel più esotico e moderno Coco. E qui, ritornando alle origini, l’ambivalenza dei nomi fa capire ancora meglio il passaggio dalla sua vita primordiale a quella, invece, ben nota a tutti. Una trasformazione dell’animo incredibilmente profonda e incancellabile.
Vera MORETTI