152 anni e non li dimostra, longevo, senza dubbio, e sempre sulla cresta dell’onda. Di cosa stiamo parlando? Di sua maestà il gianduiotto il cioccolatino per eccellenza. Per parlare del gianduiotto siamo andati a toccare con mano direttamente alla fonte: infatti in provincia di Torino, a Luserna San Giovanni, ha sede la Caffarel, vera e propria culla del gianduiotto.
Per parlare della nascita del gianduiotto occorre fare un salto indietro nel tempo, fino al 1865, quando la famiglia Caffarel, famiglia di cioccolatieri, mise a punto il primo gianduiotto. E’ curioso pensare che, come capita per quasi tutti i più grandi successi, il gianduiotto nacque quasi per caso, anzi, a dirla tutta, per necessità.
Erano gli anni del Risorgimento, delle guerre di Indipendenza, anni di vera e propria recessione per cui i beni di lusso venivano importati in quantità sempre minore, tra questi su tutti il cacao. Fu in questa situazione che i Caffarel misero a punto una ricetta innovativa con una minore percentuale di cacao, prodotto di importazione, a favore di una buona quantità di nocciola del Piemonte presente sul territorio e, deliziosamente buona. La nocciola è originaria delle Langhe, le colline intorno a Cuneo e, rispetto alle cugine romane o campane, la Tonda del Piemonte IGP, vanta una fragranza più vellutata ed un profumo particolarmente intenso
All’inizio si chiamava “givu” ma in una manciata di mesi al cioccolatino fu cambiato il nome in onore di quel Gianduia che, oltre ad essere la tipica maschera piemontese è simbolo della lotta per la libertà e per l’indipendenza.
Era il 1865 ed è ancora così.
Oggi quella ricetta è ancora custodita gelosamente negli archivi dell’azienda di Luserna San Giovanni e viene utilizzata per la produzione del loro cioccolatino più famoso.
Se si pensa al gianduiotto è immediata l’associazione alla forma, un lingottino a base triangolare che, in Caffarel, e in pochissime altre cioccolaterie viene ancora prodotto per estrusione e non attraverso gli stampi. L’estrusione, infatti, è un processo che permette di far colare una goccia dell’impasto da sei colatrici sul tappeto di linea ad una temperatura attorno ai 27 gradi centrigradi e poi raffreddato a 7 gradi prima di essere incartato, anzi come amano dire in Caffarel avviluppato, nella caratteristica carta dorata che ne mantiene intatte le caratteristiche.
40 milioni sono i pezzi che vengono prodotti in un anno, se a noi fosse permesso di rimanere un po’ di più di in reparto produzione sarebbe necessario aumentarne decisamente la produzione.
Silvia GALLI