Luciana Littizzetto, in Rivergination, scrive: “In America sta spopolando la rivergination. L’imenoplastica. La moda di farsi ricostruire una nuova verginità. Non sei più vergine? Mettici una toppa. La toppa sulla topa”.

Ebbene sì, che la chirurgia plastica non avesse limiti è risaputo, che riuscisse anche a ‘tornare indietro nel tempo’ è decisamente una sorpresa. Da qualche anno infatti è possibile effettuare un ritocchino anche lì dove non batte il sole: una rivergination appunto, come direbbe Luciana.

L’intervento in questione si chiama imenoplastica e consiste in una vera e propria ricostruzione dell’imene che solitamente si lacera durante il primo rapporto sessuale. Una restitutio ad integrum per rivivere le stesse sensazioni provate la prima volta o l’esatto opposto, ovvero cancellare le brutte esperienze passate concedendosi ad una persona che si considera più giusta. Una prima volta per la seconda volta.

Le motivazioni che spingono a sottoporsi a questo intervento possono essere molte. Alcune assecondano le perversioni del partner che, per credenze popolari, è convinto che con una donna vergine il rapporto sessuale sia più appagante. (Ci chiediamo il perché questo genere di persone riesca ad avere una partner consenziente…)

Altre, ossessionate dalla bellezza a tutti i costi, non si accontentano più di botox e filler ed estendono il proprio desiderio di giovinezza a tutte le parti del corpo, vagina compresa.

Invece, possono esserci motivazioni che potremmo definire più ‘valide’ per le donne che si sottopongono alla vaginoplastica. Un intervento di ‘ringiovanimento’ che cura il rilassamento vaginale e altre patologie che ostacolano una vita sessuale appagante.

In My angry vagina, (brano tratto dall’opera teatrale di Eve Ensler Monologhi della vagina) una donna si sfoga ironicamente contro le ingiustizie subite quotidianamente dai genitali femminili come gli assorbenti, gli attrezzi usati dai ginecologi…Siamo sicure di volerle farle patire anche un intervento chirurgico?

Noi siamo per ‘la vagina è mia e me la gestisco io’ con o senza imene.

MaZ
Photocredit: Met Museum