Alla parola attrice, sul vocabolario italiano dovrebbe essere associata la definizione, o meglio l’immagine dell’attrice per antonomasia la diva senza tempo, la bellezza eterea che ha sconvolto le vite e i sonni di intere generazioni: Ingrid Bergman.
Proprio oggi che si apre la 75° Mostra del Cinema di Venezia, ricorre l’anniversario di nascita e, sessantasette anni dopo, di morte dell’attrice svedese.
Al citare Ingrid Bergman sono molte le immagini che affastellano la mente, dall’abbraccio con Humphrey Bogart in Casablanca, al cappello portato, come si diceva ai tempi, “sulle ventitrè”, ai fasti di Anastasia fino a Stromboli, ma quello che non troppo spesso si ricorda è che fu lei una delle prime vere dive dello scandalo.
Dopo un matrimonio in età giovanile con il medico Peter Lindstrom a cui dedicò moltissimi sforzi, anche economici, per favorirne gli studi e la carriera da neurochirurgo, ebbe una breve relazione con Robert Capa e iniziò la storia proibita con il regista Roberto Rossellini.
In America, dove stava lavorando, Ingrid aveva successo, ma il suo desiderio di compiere sempre la scelta giusta – soprattutto per la carriera- come confidò ad Oriana Fallaci in un’intervista, la spinse a tornare in Europa, ormai libera dai regimi totalitaristi.
Vide Roma città aperta e ne rimase folgorata al punto da scrivere al regista una famosa lettera, quasi, diremmo oggi una lettera scarlatta « Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo “ti amo”, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei… ».
Come poteva un regista, ma soprattutto un uomo di grande fascino, lasciarsi sfuggire l’occasione di lavorare con l’attrice più bella – e brava del mondo?
Ecco che il copione di Stromboli, destinato ad Anna Magnani, che stava girando il film Vulcano, ed era la sua compagna , è stato prontamente recapitato alla svedese. Quella che si consuma tra tre mostri sacri del cinema viene chiamata dai tabloid la “Guerra dei Vulcani” in cui le due donne, che nella vita non si sono mai personalmente incontrate, si contendono il regista.
Ad avere la meglio, lo sanno tutti sarà la super star svedese che darà a Rossellini tre figli : Robertino e le gemelle Isabella e Isotta. Fu felice? Sicuramente fu una donna estremamente moderna e sicura di sé, ma dovette pagare anche il caro prezzo della celebrità: in un’America buonista non venne accettato il divorzio e l’aver portato via l’uomo ad un’altra, tanto che per anni fu spesso ritratta in pose familiari utili a “ripulire” la sua immagine da sciupa famiglie. Per il film Anastasia, nel 1956 infatti, ricevette il Premio Oscar come migliore attrice protagonista, ma la stampa ancora non l’aveva perdonata e al suo posto, a ritirare la statuetta, andò l’amico di sempre Cary Grant.
Ritornò ad Hollywood solo quando Rossellini volò in India e ne tornò con un documentario e una nuova fiamma, e fu un successo, ma a differenza di come aveva fatto con la figlia Pia Lidstrom, con i figli di Rossellini fu decisamente più presente e addirittura abbandonò le scene per assistere la figlia Isabella nella riabilitazione per un intervento di scoliosi.
Un aneddoto che non tutti conoscono è relativo al terzo premio Oscar che vinse, come attrice non protagonista, in Assassinio sull’Orient Express in cui fu particolarmente apprezzata la lunghissima scena senza alcuno stacco dell’interrogatorio condotto da Poirot. Ritirando la statuetta l’attrice dichiarò che l’Oscar sarebbe dovuto andare alla sua amica Valentina Cortese, candidata per Effetto Notte di Truffaut.
La migliore definizione di Ingrid Bergman la diede Oriana Fallaci riferendo le parole che l’attrice usò in una lettera alla cugina Anna“Io sono un Flygande fagel...” (uccello migratore, in svedese n.d.r.): “fuggì giovanissima dalla Svezia, conobbe molti amori e molti paesi, fu americana in America, italiana in Italia, ora è francese in Francia”
Ed ancora Oriana le chiese Vuole dire che essere attrice è per lei un modo di esistere, una necessità, la sua stessa vita? Che rinunciarvi vorrebbe dire rinunciare alla vita… Proprio così. Voglio dire questo e nient’altro.
Silvia GALLI