Vito Ribaudo l’abbiamo già conosciuto con il romanzo d’esordio, Una grande opportunità. E’ ancora un uomo d’azienda, ma ancora una volta ha deciso di misurarsi con la professione di scrittore attraverso un nuova fatica, il romanzo dal titolo l’Elbano.
Protagonista assoluta del romanzo è, nemmeno a dirlo, l’isola d’Elba, ma non solo quella estiva, assolata, dei turisti, quella più vera e intima di chi l’Elba la vive tutto l’anno.
Abbiamo intervistato l’autore, proprio nella spiaggi di Straccoligno all’Isola d’Elba:
Come è nata l’idea del romanzo l’Elbano?
La scrittura è un hobby che sta, e lo dico sottovoce, diventando una necessità. Scrivo da sempre, non per mestiere, ma per passione: è iniziato al liceo condividendo il diario, non c’erano social network all’epoca, si scriveva con carta e penna e si condivideva tra amici. Poi la vita professionale ha preso strade diverse e, devo dire la verità sono contento. Questo romanzo è nato per la voglia di scrivere mista alla voglia di contribuire a raccontare la bellezza dell’isola. Prendendo a prestito la nota massima di Orazio ho cercato di unire al dilettevole della scrittura all’utile di raccontare la “nostra” isola. La genesi dell’Elbano risale ai primi mesi del 2014, quando sono stato all’Elba per qualche giorno fuori stagione, era la prima volta e ho guardato e osservato isola con occhi diversi.
Che romanzo è il suo secondo? Nel primo c’era molto dell’autore, in questo?
Se nel primo c’era molto di me, manager e uomo d’azienda in questo non c’è la contaminazione manageriale e le professioni descritte sono quelle degli artigiani, del medico, della badante… Insomma c’è quello che vedo. Protagonista è certamente l‘isola, con la sua bellezza, i suoi paesaggi mediterranei e ruvidi talvolta, la sua luce, il profumo di rosmarino e mirto, i suoi squarci sul mare, ma protagonista è anche il male, l’oscuro.
Di che cosa si parla nel romanzo?
E’ un giallo, l’elbano, non è un’entità astratta, è un personaggio vivo e vegeto, che è stato vittima, da bambino, di un forte trauma di cui porta la cicatrice e che da adulto, ritorna sull’isola con il proprio bagaglio di rancore mettendo fine alla tranquillità dell’isola macchiandosi di efferati delitti ai danni di innocenti vacanzieri. Come in ogni storia che si rispetti poi ci sono altri personaggi, più o meno importanti. Primo tra tutti Carlo Delta, il medico condotto che tira le fila del racconto, poi ci sono il muratore sardo, la badante dell’est, il falegname e il pescatore.
C’è una morale, una filosofia in tutto ciò?
Filosofia è una parola grossa, diciamo che c’è questa dicotomia tra bene e male che è il filo conduttore del romanzo e il fatto che il male basti a se stesso e vada fatto da soli, mentre il bene ha bisogno della coralità. Il motivo per cui l’elbano, che impersonifica il male, rimane anonimo è proprio questo, per non dargli nemmeno la dignità di un nome che invece, non ho negato agli altri personaggi; l’elbano non ha volto e non ha storia, gli altri hanno tutti qualcosa da raccontare, a partire da Carlo Delta.
Andrea Gamma e Carlo Delta sono i personaggi chiave dei primi due romanzi, e non a caso. Per fortuna l’alfabeto greco è lungo, quindi non possiamo che aspettarci un “epsilon” nel prossimo lavoro di Vito Ribaudo che già abbiamo voglia di leggere.
Silvia GALLI
photocredit Matteo Moretto