Ci parli un po’ del suo ultimo film, La moglie del sarto.
Sarebbe dovuto uscire a fine anno, invece, l’uscita è stata rimandata. Sarà nelle sale intorno a febbraio. È un film molto complesso e particolare, la protagonista sarà una donna che dice no alla violenza. Questo è il fil rouge che unisce un po’ tutti gli ambiti della mia vita.

Le donne che subiscono violenza riescono ancora a vedere la bellezza?
Quando si subisce violenza, si fa di tutto per rifiutare la bellezza. Quindi si smette di fare attenzione a come ci si veste, si smette di truccarsi, di curarsi, si smette anche di guardarsi intorno perché si ha paura. Riappropriarsi della bellezza significa non avere più paura.

Per Maria Grazia che cos’è la bellezza?
È uno stato mentale. Una cosa bella è una cosa che colpisce, che ha carisma. Dovremmo prenderci del tempo e fermarci un attimo. Andiamo troppo di corsa e spesso dimentichiamo di guardarci intorno. I bambini ci fanno fermare e ci avvicinano alla bellezza, perché si meravigliano. Gli adulti, spesso, non sono in grado di vedere la bellezza nelle piccole cose. Ci perdiamo la vita. Ed è un prezzo troppo caro da pagare.

La bellezza può diventare un limite?
Assolutamente sì. Può diventare un pregiudizio. Il pregiudizio secondo cui chi è bella è necessariamente anche stupida è ancora molto forte. Bisognerebbe fare tabula rasa e impartire nuovamente basilari nozioni educative che insegnino a rapportarsi all’altro senza pregiudizio.

Si era espressa a tal proposito anche in occasione dell’ultimo gay pride…
Esatto. Come ho detto in quella circostanza puntare il dito equivale a puntare una pistola. Ferisce allo stesso identico modo.

Oggi si può effettivamente parlare di emancipazione femminile?
A parole sì. Con i fatti insomma. Quando sento parlare di violenza sulle donne in maniera così frequente ho come l’impressione che la donna in fondo non si sia ancora emancipata e che molti uomini siano rimasti, perdonate l’immagine forte, con la clava, ai tempi dei Flinstones.

Quanto è dura essere donna al giorno d’oggi?
Molto. Soprattutto per i pregiudizi che la società ha ancora. Le donne devo essere libere di vestire come credono, bisogna sfatare il luogo comune che se una donna veste in modo più audace lo faccia per attirare l’attenzione degli sguardi maschili e per questo meriti di subire violenza. Il pregiudizio è una limitazione alla mente e alla vita degli altri.

Lei ha una figlia. Qual è la sua paura più grande per lei?
La violenza sia fisica che psicologica. Quella psicologica comincia sin dalle scuole elementari: i bambini sanno essere molto cattivi tra di loro.

Il suo essere siciliana l’ha resa vittima di…
… di pregiudizio? Sì. Sono arrivata a Milano e ai provini facevo finta di essere straniera, perché essere straniera faceva figo, essere siciliana, invece… Mi prendevano in giro per il mio accento e un po’ ne soffrivo. Oggi la cosa mi fa sorridere. Sono fiera di essere terrona, anche perché questo mi ha dato la forza di non avere paura di niente. Viviamo in una realtà talmente difficile che usciti fuori dalla Sicilia, tutto ci sembra più facile. E se non avessi avuto quelle difficoltà, se non avessi visto la vita così com’era, non sarei quello che sono. Questo, ovviamente, non è un problema che riguarda solo la mia terra. Sono difficoltà che riguardano le periferie delle città. Chi non ha la forza di uscire dal quartiere non riesce a crescere e rimane sempre vittima di pregiudizio. Io sono stata fortunata.

Come fare ad evitare il pregiudizio?
È difficile. Ci sono molte associazioni che si battono per portare apertura mentale. Queste realtà, però, purtroppo si scontrano con una parte della televisione che rimanda ad un’idea pessima della Sicilia. Mi viene in mente ad esempio Il capo dei capi. Fiction fatta benissimo, per carità, peccato che alla fine però Totò Riina sembrava quasi un eroe e non un carnefice.

 

Pinella PETRONIO

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