La fredda e lontana Islanda ci sta dimostrando che raggiungere la parità tra i due sessi è possibile, e lo ha fatto emanando una legge storica, che prevede lo stesso salario per uomini e donne che ricoprono lo stesso incarico.

L’annuncio ufficiale è stato dato in occasione della festa della donna, lo scorso 8 marzo, e la legge, diventata in seguito ufficiale, impone ufficialmente ai titolari di aziende con almeno 25 dipendenti di garantire, ma anche e soprattutto i certificare, a tutti i lavoratori pari retribuzione, indipendentemente da sesso, origine etnica o nazionalità.

Si tratta sicuramente di una scelta epocale, che finalmente riconosce, se ancora ce ne fosse bisogno, il valore delle donne, che niente hanno da invidiare agli uomini e che, anzi, spesso e volentieri dimostrano competenze e determinazione superiori ai colleghi maschi.

Il ministro islandese dell’Uguaglianza e degli Affari Sociali, Thorsteinn Viglundsson, ha dichiarato che “è il momento giusto per fare qualcosa di radicale. Dobbiamo fare in modo che gli uomini e le donne godano di pari opportunità sul luogo di lavoro. È nostra responsabilità adottare ogni misura per raggiungere questo obiettivo”.
Non si tratta comunque di un provvedimento singolo, poiché in realtà fa parte di un intero programma che ha per obiettivo quello di sradicare il divario retributivo di genere entro il 2022.
La convinzione che senza questa forzatura si sarebbe dovuto aspettare almeno 70 anni ha fatto sì che ciò che avrebbe dovuto essere normale diventasse legge a tutti gli effetti.

Ma, nonostante questa storica legge, nell’ottobre scorso migliaia di lavoratrici di sesso femminile in tutta l’Islanda hanno smesso di lavorare, sono scese in piazza per protestare contro le disparità di trattamento esattamente alle 2.38, spiegando che da quell’ora fino alla fine del proprio turno le donne si trovavano a lavorare praticamente gratis, nonostante anche per loro, come per gli uomini, la giornata lavorativa fosse di otto ore.

Se proprio in Islanda è stata approvata questa legge, comunque, un motivo c’è: si tratta di uno dei primi paesi ad aver introdotto le quote rosa, ovvero un minimo del 40% di donne nei consigli di amministrazione di aziende con più di 50 dipendenti. Per questo ed altri motivi, in primis un’apertura mentale che noi possiamo solo sognare, l’Islanda è stata classificata il migliore al mondo per l’uguaglianza di genere dal World Economic Forum per otto anni consecutivi.
E da ora in poi non ci saranno più divari retributivi.

Noi di Bellaweb ci chiediamo: quando anche in Italia?

Vera MORETTI