Quando si parla del mondo del calcio, non si sa perché, il pensiero va subito ad un circo di nani e ballerine. Si pensa a calciatori goderecci che spendono e spandono continuando a fare i bambini, gli stessi che tiravano quattro calci al pallone nel campetto sotto casa, ciò che poi è stato la loro fortuna ma per il cui motivo si sono montati un po’ troppo la testa (e talvolta la cresta).
Si pensa agli ex campioni, naufragati in un mare di noia, grasso e vizi: perché la carriera di uno sportivo è tanto veloce quanto una meteora impazzita.
Si pensa a macchine, soldi, sesso, belle donne, scandali, pettegolezzi. Si pensa a partite truccate, scudetti barati, violenza negli stadi.
E’ per questa ragione che quando uno di questi sportivi se ne va, uno di questi calciatori che però hanno dato un senso alla loro vita in calzoncini e maglietta da eterni ragazzini, quell’ultimo calcio al pallone fa un gran rumore.
Nell’era in cui i miti positivi non fanno più notizia e le brave persone sono quasi stupide nell’adempiere con professionalità al proprio dovere, solo perché è giusto farlo; nell’era in cui la parola “talento” è a dir poco inflazionata e quella “successo facile e gratuito” va tanto per la maggiore, la notizia della morte di Stefano Borgonovo squarcia un velo che, ahinoi, cade a pennello in questa settimana “speciale” di Bella.it.
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