“La collezione Netter è la collezione più importate del XX secolo. E’ una collezione che riporta alla speranza. E’ un tributo alla possibilità, molto esauriente ed equilibrata, di parlare degli artisti che lo circondavano: perché, per tutti gli artisti, entrare a far parte del Salòn Netter era davvero un grande onore, una grande speranza, un grande sogno”.
Inizia così il racconto di Marc Restellini, curatore della mostra “Modigliani Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter“. A parlare il più grande studioso dell’opera di Amedeo Modigliani, scopritore di questa che è già stata ribattezzata dagli addetti ai lavori come la più importante collezione d’arte contemporanea degli inizi del Novecento. La ragione, è lo stesso Restellini a darcela: “Questo è il racconto di tanti artisti intorno ad una collezione, quella di Jonas Setter, riuniti perché riconosciuti nel suo senso di giustizia, di equilibrio. Costui godeva di un rapporto molto vicino a Modigliani: era con lui due giorni prima del suo suicidio. Netter è, a buon diritto, il collezionista più importante della Storia dell’Arte del XX secolo perché ha sostenuto artisti, non solo psicologicamente ma anche dal punto di vista pratico, ad esempio pagando i conti degli ospedali di Utrillo, quando in lui c’erano tracce di sofferenza da etilismo. Non dimentichiamo che diede del denaro a Modigliani quando minacciava il suicidio perché non poteva tornare a Parigi”.
Dopo il grande successo di Picasso, dunque, torna Modigliani: come se la grande sfida tra i due geni dell’arte del secolo scorso non conoscesse sosta.
I libri ci ricordano di un Picasso che scarabocchiò una tela di Modì, in sfregio, salvo poi pentirsene all’indomani della sua morte quando le opere del livornese crebbero esponenzialmente come popolarità e valore economico.
Di fatto, non sappiamo quante delle persone che gremivano la Sala delle Otto Colonne a Palazzo Reale per la conferenza stampa di presentazione della mostra fossero lì con cognizione di causa.
Quanti potessero dire di conoscere appieno i pittori di Montparnasse, “i maledetti” assetati di Arte, fame, fama. Vite di poveri diavoli, donne in cerca di un’indipendenza.
Chi può dire di avere bene in mente le tele di Soutine, Utrillo, Derain, Epstein, Hayden, Solà,Kisling, Suzanne Valadon, giusto per far subito qualche nome?
E’ indubbio che, come fu per il buon Pablo, anche questa volta è un grande nome, quello di Modigliani, a fare da cassa di risonanza di un evento che potrebbe confermare il successo della monografica appena conclusa, nella stessa sede, sullo spagnolo di Malaga.
Questa volta, però, il tentativo si fa ambizioso. Questa non è una personale, retrospettiva sulla vita di un genio mondiale. Questa è una collettiva. Una collettiva che parla di una Storia fatta di tante storie e che ci introduce ad un tema alquanto complesso.
Il collezionismo privato, oggi, è un sistema a parte rispetto alla produzione/comunicazione artistica contemporanea. Aste, contratti privati, do ut des sono meccanismi noti, non siamo qui a scoprire l’acqua calda, e vecchi quanto il cucco. Eppure, nella prima decade del ’900, ci fu un ebreo alsaziano trasferitosi a Parigi da poco che fece del suo amore per l’arte, per quelle che in fondo sono “solo cose belle”, un cenacolo illuminato ma solo “per povere anime”. Per intenderci: prima di Netter e le sue amicizie, Modigliani a Parigi non aveva MAI avuto un posto letto. Pazzesco? Non proprio.
Qui, in questa storia narrata a Palazzo Reale e che è esistita veramente, il mecenatismo ha ben poco a che fare con le logiche del mercato cui siamo abituati (e un bel po’ disillusi) oggi.
Chiediamo a Marc Restellini. Si dice che la cultura debba essere per tutti alla portata di tutti eppure questa è una mostra sul collezionismo privato. Non è un’utopia pensare che l’arte possa essere democratica?
Questo era proprio ciò che sognava Netter: che le opere fossero capite, comprese e apprezzate da tutti. Questo era il fine ultimo del suo essere collezionista e lui sognava che fosse possibile agli operai capire l’arte. Per lui, questo era l’aspetto davvero importante: che l’arte percolasse fino al grande pubblico, che fosse accettata dal punto di vista qualitativo, della bellezza e dal punto di vista estetico nelle arti.
Questo il suo merito e l’acclamazione in conferenza stampa alla presenza diDomenico Piraina, Direttore Palazzo Reale, Donatella Treu, Amministratore Delegato Gruppo 24 ORE, Iole Siena, Presidente Arthemisia Group. Dopo 70 anni, e in taluni casi anche in via del tutto inedita, la collezione Netter e le opere in mostra, tutte insieme, verranno esposte per la delizia del grande pubblico.
Una delle migliori?
Bambini in abito azzurro (foto, N.d.r.) Era nella camera da letto di Jonas Netter e poi, alla sua morte, era stata spostata nella camera del figlio. Lì l’abbiamo trovata. Si tratta di una delle rare figure intere realizzate da Modigliani.
Una bambina deliziosa, non c’è che dire, con quell’occhio “cieco” che rievoca la cecità un po’ omerica, di certo profetica, incontrata anche nella rassegna di Picasso. Ma non tutte le opere sono così immediate. E di certo, oltre ad un primo livello di lettura iconografico, ciò che conta di questa esposizione sono più vicende: quelle che hanno portato alla maturazione del quadro; quelle legate alla biografia dell’artista (con gli altri artisti e con il suo collezionista); la vita del “Salòn Netter”.
Per questo, ed anche per la felice esperienza picassiana, i visitatori riceveranno, insieme al biglietto di ingresso (leggermente aumentato) anche un’ audioguidaomaggio: “Stiamo sperimentando una politica dei prezzi dopo che il 30% del pubblico presente alla mostra di Picasso ne ha cercata una“, spiega Stefano Boeri, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, e prosegue: “L’aumento del prezzo di ingresso comprensivo di audioguida sarà comunque compensato da sconti per famiglie, gruppi, giovani. L’obiettivo è dare risalto a questa straordinaria collezione che testimonia il rapporto tra privato e pubblico riportando all’attenzione di tutti il percorso di un gruppo di artisti in un certo senso “scoperti” da questo avventuroso personaggio, Netter, senza il quale probabilmente molti di loro non sarebbero le firme di oggi“.
“Una mostra di questa portata è un’esaltazione del Patrimonio del nostro Paese“, dice Donatella Treu, “Dopo Picasso, rappresenta un unicuum nel programma culturale di Milano e dell’intera Italia. La cultura e gli investimenti che la riguardano rappresentano la capacità di creare innovazione e sviluppo, anche economico: questi sono due elementi di cui il nostro Paese ha estremamente bisogno. La cultura, infatti, è un fattore determinante di cambiamento“.