Filippo La Mantia, chef siciliano di fama internazionale, dal suo ristorante romano dispensa opinioni, consigli e tendenze gustose quanto le leccornie che lo hanno reso uno dei cuochi italiani più rinomati nel mondo.
La vera ricchezza della nostra penisola è la varietà culturale e la ricchezza gastronomica. Le cucine da Napoli in giù si somigliano tantissimo. Nei territori del meridione c’è la cultura delle lunghe cotture, della cannella, delle spezie…Percorrendo la penisola verso il Nord, la tradizione culinaria cambia completamente, perché le temperature più basse impongono di nutrirsi in una maniera completamente diversa con cibi più complessi e ingredienti più importanti e grassi perché i contadini per difendersi dal freddo avevano bisogno di un apporto calorico più elevato.
E’ questa la bellezza dell’Italia: una cucina meravigliosa e varia che cambia di regione in regione. Per questo i turisti stranieri adorano fare dei tour gastronomici nel nostro Paese.
L’Italia non era ancora una nazione quando gli altri popoli erano già una nazione da secoli, questo, unitamente alla strategica posizione geografica, faceva sì che il nostro Paese facesse gola a tutti e, in effetti, sono molti e diversi i popoli che hanno lasciato la loro presenza anche in cucina: gli austriaci e i francesi al nord, gli arabi, i saraceni e gli spagnoli al sud.
Mi viene in mente, ad esempio, la cucina del Trentino Alto Adige in cui rivive la tradizione culinaria austriaca, mentre se da una parte è vero che i francesi hanno dato molto alla cucina settentrionale, è anche vero che sono stati anche in Sicilia.
I monzù – deformazione del francese monsieur (signore) -, ovvero i cuochi che i siciliani altolocati per darsi un tono chiamavano dalla Francia a cucinare nelle loro barocche e aristocratiche ville hanno lasciato molto della tradizione culinaria d’Oltralpe nella cucina siciliana.
A questa cucina tanto eclettica corrisponde un’altrettanta varietà di cultura enologica. I grandi vini del Piemonte, ad esempio, nascono tanto forti e complessi proprio perché devono essere abbinati a grandi piatti di carne.
Le invasioni e la frammentarietà del territorio che sono state la sfortuna del territorio, sono state nel contempo la nostra fortuna, perché al mondo non esiste, e non temo smentite, una cucina camaleontica come la nostra. Dovere di noi italiani è quello di preservare e tramandare la tradizione.
Filippo La Mantia – chef del ristorante dello storico Hotel Majestic di via Veneto a Roma